Vuoi informazioni aggiuntive o ricevere assistenza?
Apri un ticket ed un nostro operatore ti risponderà nel più breve tempo possibile.

OLIO D'OLIVA "DOC": CAOS IN ATTESA DEL DECRETO. LETTERE DA BRUXELLES PER CHIARIMENTI. ENTRO L'ANNO INIZIATIVE PROMOZIONALI ANCHE DALLA CIFA

Non si può dire la stessa cosa, invece, del decreto attuativo che è ancora in bozza e che, la sua approvazione in Conferenza Stato-regioni prevista per il 2 luglio è stata rinviata. La bozza di decreto della Commissione europea è direttamente applicabile nella sua forma originaria in tutti i 27 stati membri. Unico aspetto invece su cui ciascun paese ha il mandato di legiferare è la parte relativa ai controlli e alle verifiche. Ed è quanto è stato fatto non senza polemiche. D’ora in poi l’Icq ha previsto che ci siano una serie di registri – che fanno capo al Sian che fa in questo caso da ente collettore – proprio al fine di verificare i flussi legati alla produzione e alla commercializzazione. Cosa che, come era prevedibile, è destinata a comportare ulteriori aggravi di costi alle aziende confezionatrici che a loro dire già operano i controlli di filiera sia sulle produzioni che sui flussi di commercio. Ecco perchè, secondo molti addetti ai lavori, sarebbe meglio adottare la formula dell’autodichiarazione in modo tale da evitare ulteriori costi dovuti alla burocrazia. Se i produttori olivicoli – Unaprol su tutti – gioiscono per una vittoria annunciata, gli industriali manifestano dubbi e perplessità sui possibili effetti negativi sul mercato, soprattutto in un momento di crisi senza precedenti. Inoltre, in una nota stampa del ministero si parla dell’articolo 4 del regolamento Ue riguardante la dicitura in etichetta. “Nel caso di oli di oliva originari di più di uno Stato membro o di un Paese terzo - si legge nella nota - occorrerà indicare in etichetta una delle seguenti diciture: ‘miscela di oli di oliva comunitari’ oppure un riferimento alla Comunità, ‘miscela di oli di oliva non comunitari’ oppure un riferimento all’origine non comunitaria; ‘miscela di oli di oliva comunitari e non comunitari’ oppure un riferimento all’origine comunitaria e non comunitaria”. Con “riferimento”, si legge ancora nella nota, “si intende una informazione analoga, come ad esempio Unione europea, una lista di Stati membri o Paesi terzi, un nome di una regione geografica più grande di un Paese”. Praticamente è quanto appare nella bozza del decreto attuativo. Cosa che ha generato la preoccupazione – manifestata in due lettere inviate anche al ministero di via Venti Settembre – da parte della commissione Ue. 

In una lettera della Direzione generale dell’Agricoltura e dello sviluppo rurale della Commissione europea datata il 17 marzo e firmata da Jean-Luc Demarty inviata per conoscenza al ministero delle Politiche agricole, si legge che “l’articolo 4.2.b ai punti i), ii) e iii) cita la possibilità di fare ricorso a menzioni equivalenti a quelle esplicitamente citate, pertanto, conformemente alla direttiva alla direttiva 2000/13/CE relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli stati membri concernente l’etichettatura e la presentazione del cibo il consumatore non deve essere tratto in errore. E l’espressione comunità europea per designare l’origine del prodotto è equivalente all’uso dell’espressione ‘taglio’ di oli di olive comunitarie”. In una successiva lettera della commissione Ue datata 18 giugno 2009 Demarty assicura che “il regolamento 182/2009, come tutti i regolamenti comunitari, è direttamente applicabile in tutti i paesi membri conformemente all’articolo 249 del trattato Ce in combinazione con l’articolo 254 del Trattato CE. L’applicazione diretta di un regolamento significa che la sua entrata in vigore e la sua applicazione, a favore o contro coloro ai quali si applica, sono indipendenti a tutte le misure nazionali di applicazione. Conformemente all’articolo 9, paragrafo 1 del regolamento della commissione 1019/02 relativo alle norme di commercializzazione dell’olio d’oliva, gli stati membri non possono che prendere le misure necessarie per assicurarne il rispetto. Cosa che esclude disposizioni nazionali che ribadiscono gli obblighi già stabiliti”. E ancora, a proposito della dicitura utilizzata dall’Italia, l’articolo 4.4 così come è previsto nella bozza del decreto nazionale, “limiterebbe l’utilizzo di menzioni equivalenti alla designazione di origine implicando il fatto che il termine ‘miscela’ dovrà essere sempre utilizzato in Italia. Una tale limitazione, se questa dovesse essere adottata – conclude Demarty - mi sembrerebbe essere più restrittiva di quanto previsto nel regolamento 182/2009”.

"Oggi il mercato del settore agroalimentare è sempre più sotto i riflettori per via dell'immissione di prodotti che vengono da altri paesi dove non esiste il rispetto del consumatore" - afferma Andrea Cafà, Presidente Nazionale CIFA, in riferimento all'argomento in questione. "Provvedimenti del genere aiutano l’affermazione di prodotti genuini - come l’Olio italiano ed in particolare quello siciliano - e servono soprattutto a ripristinare la fiducia che i consumatori vanno man mano perdendo verso i produttori". "La CIFA - conclude il Presidente Cafà - entro fine anno intraprenderà una serie di iniziative promozionali che aiuteranno ulteriormente le imprese italiane del settore che producono prodotti di alta ed altissima qualità."
Cifa Italia Logo