Il prossimo 19 marzo ricorre il ventennale dell’assassinio del giuslavorista nato a Bologna
Gli enti bilaterali e le parti sociali al centro della sua visione
Il prossimo 19 marzo ricorrerà il ventennale dell’uccisione dI Marco Biagi, vittima di un agguato da parte delle Brigate Rosse. Uomo del dialogo e precursore delle grandi trasformazioni del mercato del lavoro, aveva intuito gli effetti che il progresso tecnologico avrebbe prodotto sul modo di lavorare con la conseguente necessità di rivedere la netta demarcazione tra lavoro autonomo e subordinato. Biagi aveva individuato nella rigida regolamentazione del rapporto di lavoro e negli inefficienti meccanismi di incontro tra domanda e offerta le cause principali del malfunzionamento del nostro mercato del lavoro.
L’idea da lui coltivata era mettere la persona al centro e costruire attorno ad essa meccanismi che ne potessero garantire la piena occupabilità così da giungere, con il coinvolgimento attivo di istituzioni e parti sociali, alla creazione di un moderno mercato del lavoro. In un assetto in progressiva mutazione, nel quale a prevalere sarebbe stato il ruolo della persona all’interno delle organizzazioni e la sua capacità di esprimere valore, appariva necessario individuare nuove forme di regolazione dei rapporti di lavoro sempre più individualizzate e costruite attorno alle esigenze del lavoratore. Da li l’idea di dare maggiore spazio alla libera volontà delle parti del rapporto nel definire i contenuti della negoziazione con l’assistenza di soggetti terzi, istituzioni o enti bilaterali, che avrebbero assistito le parti e certificato i contenuti dell’accordo.
Alle parti sociali Marco Biagi affidava un ruolo centrale nella creazione e nel funzionamento di un nuovo mercato del lavoro, soprattutto attraverso il rafforzamento del ruolo assegnato agli enti bilaterali ai quali la legge 30/2003 (c.d legge Biagi) delegò nuove e rilevanti funzioni. In questo modo sarebbe stato possibile far confluire l’azione sindacale e datoriale all’interno di organismi bilaterali che dovevano diventare sedi privilegiate per la regolazione del mercato del lavoro, con specifiche funzioni delegate dal legislatore in materia di intermediazione nell’incontro tra domanda e offerta di lavoro, programmazione e attuazione di attività formative, lotta alle discriminazioni, inclusione dei soggetti svantaggiati nel mercato del lavoro, integrazione al reddito, certificazione dei contratti di lavoro e di appalto, certificazione della regolarità contributiva e salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Da questo punto di vista, Marco Biagi ebbe la straordinaria capacità di individuare un nuovo ruolo per le parti sociali, attivo e centrale nel mercato del lavoro. La spinta fornita in tal senso dalle “Legge Biagi” del 2003 e le altre funzioni assegnate dal legislatore nel tempo alla bilateralità - quali la gestione delle risorse per il finanziamento della formazione continua a opera della legge 388/2000 istitutiva dei fondi interprofessionali e la gestione dell’assistenza sanitaria integrativa quale secondo pilastro del welfare - hanno fatto della bilateralità la nuova frontiera dell’azione sindacale e hanno favorito la mutazione della struttura organizzativa dei sistemi associativi di rappresentanza datoriale e sindacale in strutture più complesse, atte a svolgere azioni di indirizzo e di governo dei rispettivi sistemi bilaterali.
Negli anni, l’idea di Marco Biagi si è progressivamente affermata. La bilateralità è cresciuta, svolgendo in modo efficiente le funzioni a essa affidate dal legislatore e divenendo importante punto di riferimento per milioni di imprese e di lavoratori. E’ evidente come il ruolo di un’organizzazione sindacale e datoriale e la relativa capacità di azione, di sviluppo, di sostegno e di rappresentanza nei confronti imprese e lavoratori dipenda sempre più dalla bilateralità.
Come già evidenziato dal presidente di Cifa, Andrea Cafà, Marco Biagi “fu uno straordinario giuslavorista capace di osservare il mercato del lavoro prescindendo da dogmi e posizioni precostituite. Fu un precursore. Ebbe la capacità di comprendere con molti anni di anticipo le grandi trasformazioni del lavoro e di individuarne una risposta nella capacità di dialogo costante tra imprese, parti sociali e attori pubblici. Nonostante la sua scomparsa, le sue idee dureranno nel tempo. Chi pensava di uccidere Biagi per fermarle si è sbagliato di molto, perché non solo rimangono attuali ma sono sempre più di stimolo per chi punta a modernizzare il mercato del lavoro”.
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