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Marchionne: il cambiamento è una delle forze più potenti che abbiamo a disposizione

La figura di Sergio Marchionne, innovatrice e per alcuni versi controversa, ha avviato un nuovo corso nelle relazioni industriali in Italia, non solo per l’uscita da Confindustria ma con scelte e ricette risanatrici che hanno fatto discutere, dividendo sindacati e maestranze.

L’obiettivo cardine che ha guidato il suo operato è stato quello di rilanciare il principale gruppo automotive italiano portandolo al passo con i tempi e rendendolo maggiormente competitivo.

Per fare ciò sono state necessarie importanti ristrutturazioni aziendali, l’acquisizione di partner internazionali che ne ampliassero l’orizzonte operativo, lintegrazione di sinergie operative che riducessero i costi ed aumentassero la produttività, la delocalizzazione della produzione in altri stati, una contrattazione aziendale che considerasse le esigenze industriali specifiche di ogni sito produttivo correlandole alle osservazioni dei lavoratori che in quei contesti si trovano ad operare.

A lui va il merito di essersi relazionato al sistema produttivo ed industriale italiano in modo aperto ed innovatore portando con sé le conoscenze ed esperienze internazionali acquisite sul campo.

Ci fa piacere ricordarlo, analizzando alcuni punti cardine della sua visione:

 

  • Necessità della competitività aziendale

Il manager era stato chiamato a guidare la Fiat in un momento molto delicato.

Erano da poco venute a mancare le guide storiche del marchio Gianni Agnelli e successivamente Umberto. Occorreva un piano risanatore incisivo che rimettesse il gruppo automobilistico in carreggiata riportando il suo core business sulle attività auto-motoristiche cedendo gli asset non strategici quali aviazione e assicurazioni.

Ricordando la Fiat di quel periodo in un suo intervento a Rimini nel 2010, Marchionne diceva: “immobile, chiusa su sé stessa, che prendeva come base di riferimento i propri risultati invece delle prestazioni della concorrenza. Aveva perso la voglia e l’abilità di competere e di confrontarsi con il resto del mondo.

 

  • Superamento delle contrapposizioni e centralità del lavoratore

Per aumentare la produttività aziendale e rendere più efficiente il sistema considerava fondamentale superare il vecchio dualismo datore di lavoro – lavoratore in favore di una collaborazione più proficua. A suo giudizio nel panorama industriale italiano esisteva una “contrapposizione tra due modelli, l’uno che si ostina a proteggere il passato e l’altro che ha deciso di guardare avanti.” Si interrogava sul perché di una tale conflittualità “Non so quali siano i motivi di questo scontro, se ci siano ragioni ideologiche o altro” e intravvedeva una soluzione nel superamento della stessa “Quello che so è che fino a quando non ci lasciamo alle spalle i vecchi schemi, non ci sarà mai spazio per vedere nuovi orizzonti”. Riteneva, con una visione ampia e immersiva nei confronti delle maestranze che: “La cosa peggiore di un sistema industriale, quando non è in grado di competere, è che alla fine sono i lavoratori a pagarne direttamente – e senza colpa – le conseguenze”. 

 

  • Cambiamento e flessibilità

Marchionne, mettendo a frutto le sue esperienze internazionali, è stato in grado di cogliere rispetto ai suoi predecessori il cambiamento del mondo moderno e l’incessante mutevolezza dei mercati. Sapeva di operare in un contesto globale non riconducibile a schemi prefissati, era consapevole della necessità di cambiare costantemente strategia per adattarla alla realtà e per questo affermava: “Le variabili in gioco sono così tante e così grandi. Tutto questo richiede al sistema una flessibilità enorme. Richiede grande rapidità e la capacità di adeguarsi in tempo reale ai cambiamenti del mercato. La velocità di risposta a quello che non possiamo prevedere è l’unica arma che abbiamo per batterci ogni giorno”

 

  • Il valore dell’imprenditorialità

Pragmatico, aderente alla realtà e cosciente della responsabilità e dei riflessi delle sue scelte sul futuro e gli sviluppi di FCA sottolineava la necessità di riconoscere dignità al mestiere dell’imprenditore.

A tal proposito affermava “Vorrei che fosse riconosciuta anche la dignità del mestiere dell’imprenditore. La responsabilità associata ai suoi compiti è enorme. Penso ai rischi che si assume, agli impegni che prende, agli sforzi che compie per aprire la strada ad uno sviluppo internazionale dell’azienda e all’impatto che le sue scelte possono avere sulla società. E’ una responsabilità che dovrebbe meritare, se non stima, almeno rispetto”.

 

Il suo contributo al panorama industriale italiano è stato grande in termini di innovazione, capacità di cogliere la mutevolezza del sistema produttivo e del mercato del lavoro.

In un suo intervento, rivolgendosi ai giovani dichiarava: “La forma e il significato della società del futuro dipenderanno dai vostri ideali, dal vostro modo di pensare e di agire. Ognuno di voi può contribuire a creare una società migliore”.

Con lo stesso spirito nei riguardi del futuro, ci poniamo al vostro fianco con la volontà di creare quella società migliore. Insieme.

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